Identità sessuale
ai tempi del Gender Fluid
ai tempi del Gender Fluid
Il tema centrale di questo articolo è senza dubbio tra i più avvincenti e attuali: l’identità sessuale ovvero cosa significa oggi essere uomini o donne, quale posto ha l’amore e quale il sesso negli incontri occasionali e in quelli progettuali?
L’identità di genere e l’età, intesa come ciclo di vita, sono due grandi organizzatori mentali e riguardano ogni persona. L’importanza di questi temi accompagna l’essere umano dalla nascita (e ancora prima nei sogni dei futuri genitori che fantasticano quel figlio o quella figlia dopo il referto ecografico mesi prima del parto) fino all’ultimo istante di vita. Alla luce di molte ricerche sull’identità di genere e sull’orientamento sessuale, possiamo affermare che l’amore, l’affettività e la sessualità possono anche essere espressi all’interno di una medesima relazione ma che, in realtà, hanno una loro autonomia, intesa sia come processo motivazionale che biologico. In questo senso risulta più chiaro come l’interazione tra fattori biologici e quelli culturali possa dare, e abbia effettivamente dato, risultati molto diversi nell’incarnazione della femminilità e della virilità e che, ad esempio, soltanto il significato di volta in volta attribuito ad un comportamento omosessuale possa o meno intaccare l’identità di genere eterosessuale di una persona.
A questo proposito Dèttore e Lambiase scrivono: “L’omosessualità esclusiva non è un criterio utile per definire l’omosessualità moderna. È infatti possibile trovare molte varietà: uomini che non si considerano gay che hanno rapporti sessuali con uomini, donne che non si considerano lesbiche che hanno rapporti sessuali con altre donne, donne che si considerano lesbiche senza aver mai rapporti sessuali con altre donne, uomini che si considerano gay che non hanno mai avuto rapporti sessuali con un uomo, uomini che si identificano gay che hanno una relazione con una donna , donne che si identificano lesbiche che hanno una relazione con un uomo, persone che si identificano come bisessuali ma hanno rapporti solo con persone di un determinato sesso e così via. L’identificazione sessuale e il comportamento sono correlati, ma in maniera imperfetta, e non è chiaro quale dei due spieghi e predica l’altro”.
Azzardiamo nell’ipotizzare che probabilmente l’identità sessuale ha una certa priorità, sia in termini di sviluppo temporale che di importanza, sia sugli effetti che sui comportamenti , poiché tratta con la definizione di se stessi. Nel presentarsi al mondo, questo complesso “biglietto da visita” assume un peso cruciale anche a causa dell’accettazione o del rifiuto del contesto specifico.
In particolare, nelle nostre società occidentali un’identità di genere maschile o femminile molto marcata finisce con l’essere rassicurante. Lo stesso accade per l’orientamento eterosessuale o omosessuale, in cui ci si augura e si sottende l’esclusività dell’interesse della persona. Il bisessuale al contrario, è stato spesso guardato con sospetto, come fosse frutto di una scelta ambigua e in qualche modo destabilizzante socialmente perché capace di mettere in crisi un sistema duale al quale ci abituiamo, e forse ci affezioniamo, fin da piccolissimi. La fluidità a questo punto prevede un’ulteriore messa in discussione : l’amore romantico e il desiderio sessuale rispondono a esigenze diverse.
L’amore è svincolato dall’essere gay, lesbica o eterosessuale e a diverse persone può capitare, in un momento qualsiasi della loro vita, di innamorarsi di un uomo o di una donna a prescindere dal proprio orientamento sessuale. Una delle ipotesi a spiegazione di questo tipo di evento, sostiene che ogni individuo sia dotato in maniera più o meno accentuata di questa caratteristica di attrazione persona – specifica, magari anche con diversa capacità di controllo e rimozione. Di fatto chi esperisce maggior fluidità sia nell’orientamento sessuale come nell’investimento amoroso, si consente talvolta anche una maggior plasticità nella definizione di sé. In questi casi l’identità sessuale probabilmente può mutare senza che ci si senta troppo a disagio per dover rinunciare alla polarizzazione classica maschio-femmina e alla fissità degli stereotipi tradizionali. Sono passati più di cento anni da quando Freud, ispirati dall’amico Fliess, aveva cominciato a parlare di bisessualità sia in termini biologici che mentali, ritenendo questa plasticità naturale una potenziale ricchezza. Di differente avviso risultano invece i neodarwiniani più rigidi che vedono nella riproduzione lo scopo ultimo dell’amore e del comportamento sessuale. In tal senso la stessa omosessualità, sterile per definizione, andrebbe spiegata alla luce di qualche gene particolare, possibilmente recessivo perché inutile alla continuazione della specie.
Altro pericolo incombente è il tentativo fallimentare di alcuni psichiatri di “normalizzare”gli omosessuali trasformandoli in eterosessuali. Quello che accade nella vita reale è diverso: alcune persone attraverso la coscienza di sé e degli altri piuttosto ampliano il proprio repertorio e orientamento. Questa possibilità non implica che la priorità precedente, omosessuale o eterosessuale che sia , venga meno. Il quadro allora si arricchisce e si espande con l’aggiunta di esperienze ritenute positive. Un’ultima annotazione molto interessante è che il genere femminile, con le dovute ma scarse eccezioni, sembra essere il sesso più fluido, e quindi anche il più adattabile. Sappiamo da tempo che sia biologicamente (forse anche grazie alla protettiva presenza di XX) sia psicologicamente, le donne sono più attrezzate degli uomini, ma quello che ancora fa una grande differenza è che la costruzione sociale dell’identità di genere maschile, almeno nei paesi occidentali, risente di forti limitazioni e di grandi pretese che offrono in cambio un vecchio beneficio secondario: il potere che ancora oggi è rappresentato dal gruppo degli uomini.
L’idea di Baumeister (2000, 2004), ricavata dalla vasta analisi della letteratura da lui svolta, è che la motivazione sessuale femminile sia più malleabile di quella maschile, e ciò indicherebbe una maggiore adattabilità erotica media del genere femminile.
Più precisamente, le risposte e i comportamenti sessuali femminili verrebbero modellati da fattori culturali, sociali e situazionali in misura maggiore rispetto all’uomo. Questa adattabilità potrebbe essere manifestata attraverso cambiamenti in ciò che si desidera (tipo di partner, tipo di attività), nel grado di desiderio (es. grado di preferenze circa frequenza e grado di varietà dei rapporti sessuali), o nell’espressione del desiderio (es. pattern di attività).
I cambiamenti di atteggiamento possono contribuire a questi cambiamenti comportamentali. Ci sono comunque prove sparse che l’impulso (drive) sessuale maschile abbia una fase di plasticità nel corso dell’infanzia. Le parafilie, per esempio, che si pensa si sviluppino nel corso delle esperienze infantili , sono più comuni tra gli uomini che tra le donne. Inoltre , alcuni dati suggeriscono che l’abuso sessuale infantile abbia effetti più duraturi sulla sessualità adulta degli uomini rispetto a quella delle donne (Laumann et al., 1999).
Ci sono anche studi sperimentali con gli animali che suggeriscono che le esperienze infantili possono influenzare la sessualità maschile attraverso qualche forma di imprinting, mentre la sessualità femminile possa essere più facilmente modificata (Kendrick et al.,1998).
La sessualità maschile, non sarebbe quindi completamente immune dalle esperienze ma la finestra di plasticità sembra presente solamente durante l’infanzia e si chiuderebbe rapidamente. Una volta che i ragazzi raggiungono la pubertà, i loro gusti e desideri sessuali sarebbero largamente organizzati in un pattern che è improbabile che cambi per il resto della vita, eccetto per il graduale declino del desiderio sessuale. In contrasto, per le donne la pubertà può segnare semplicemente l’inizio di un’odissea sessuale che può prendere svolte inattese e condurre in molte possibili direzioni.
Non dobbiamo dimenticare le circostante della vita. Nell’esperienza clinica di chi scrive non è rarissimo il caso di incontrare donne che, dopo una storia sentimentale chiusasi in modo molto negativo, hanno poi avuto una relazione omosessuale, anche durata qualche anno, con una donna, che è stata positiva e importante. Dopo, quasi come conseguenza del fatto che tale relazione omosessuale possa essere riuscita a riconciliarle con l’affettività e la sessualità dopo le precedenti delusioni, sono tornate ad avere relazioni eterosessuali soddisfacenti. Un’ultima importante riflessione: nonostante si sia evidenziata la possibilità che l’orientamento sessuale (o una delle sue dimensioni) cambi nel tempo, mettendo in evidenza anche possibili situazioni e dinamiche alla base di questa variazione, si ritiene difficile, se non impossibile, partire dal presupposto di poterlo modificare agendo strategicamente su alcuni elementi interni ed esterni alla persona. Dire che l’orientamento sessuale “può” cambiare è molto diverso dal dire che “si può”cambiare. In merito ai conflitti relativi al proprio orientamento sessuale, l’American Psychological Association (2009) afferma che l’approccio terapeutico migliore è quello che sostiene lo sviluppo dell’identità del cliente, senza un obiettivo terapeutico a priori per come il cliente identificherà o esprimerà i suoi orientamenti sessuali. A tal fine, non è tanto importante sollecitare un certo tipo di sviluppo ma fornire una solida base di accettazione e sostegno, svolgere un adeguato assessment delle caratteristiche e delle patologie del soggetto, favorire lo sviluppo di adeguati strumenti di coping, aiutare a trovare fonti sociali di sostegno ed esplorarne l’identità e favorirne lo sviluppo.
Una ferma posizione viene espressa anche dall’Ordine degli Psicologi della Lombardia il quale, in una delibera del 14 maggio 2010, oltre a sottolineare i rischi e gli errori delle terapie mirate intenzionalmente a modificare l’orientamento sessuale, “difende la libertà dei terapeuti di esplorare senza posizioni pregiudiziali l’orientamento sessuale dei propri pazienti”. Solo in questo modo, rispettando la singolarità della persona, è possibile operare terapeuticamente in accordo con il suo sentire, senza essere dipendente dagli stereotipi culturali che vogliono troppo spesso definire rigidamente quali sono gli ambiti giusti o errati in cui noi dovremmo esprimere la nostra sessualità.
Bibliografia e sitografia:
“La Fluidità sessuale”, D. Dettore e E. Lambiase (2011)
“Nature”, Kendrick et al. (1998)
“Psychological bulletin”, Baumeister et al. (2000)
“Journal of the American Medical Association”, Laumann et al. (1999)
La dott.ssa Valentina Menotti, ha scritto per noi anche:
Ciao a tutte, sono Valentina Menotti, psicologa clinica, iscritta all’Ordine degli Psicologi della Toscana (n.7480), ho frequentato la scuola di specializzazione in psicoterapia sistemico relazionale presso il C.S.A.P.R di Prato. Attualmente svolgo l’attività di libera professionista presso gli Studi Psychè , in via Fabbroni 11, a Prato.
Mi occupo di interventi individuali, di coppia, familiari, dello sport e mental training.
Nel 2017 ho coordinato i progetti” Sostegno alla famiglia” e “ Gioco d’azzardo patologico”, presso il Cento Giovani del comune di Montemurlo. Oltre alla libera professione, dal 2010, lavoro per la Cooperativa sociale Fuorischema, al fianco dei bambini e dei ragazzi con disabilità cognitiva, nei vari istituti scolastici. Spero di esservi utile nel chiarire i vostri dubbi riguardo la sessualità e la psicologia.
Per ulteriori informazioni, potete dare un’occhiata al sito www.valentinamenotti.it.